domenica 30 giugno 2013

(Nothing but) Flowers










Il costume di un popolo parla. A qualsiasi latitudine, in qualsiasi epoca. E tra orrore e bellezza i confini sono liquidi. La grafica Hawaiana fiera della sua lussureggiante personalità risplende degli echi di un paradiso perduto che non può attendere ed evoca un futuro mantenuto sulla frequenza del sogno.









Allude evasiva al desiderio di trovarsi in uno spazio incontaminato dove perdersi con leggerezza, senza vincoli o privilegi accessori. Il corpo diventa allora un territorio da esplorare protetto da Kaftani, camice, cotone , seta, lino. Una sequenza di stoffe che accarezza, abbraccia, non costringe a posture inamidate e rigide.







Una tela su cui dipingere fluttuanti foreste pluviali, spiagge caraibiche, oasi fra le dune, psichedeliche visioni rubate ad un miraggio . Perchè quando la temperatura si alza le difese si abbassano e cresce l'urgenza di una libertà senza condizioni. Non obbligatoria.









 



"Io sogno le torte di ciliegia, Barrette di cioccolato e biscotti al cioccolato You got it, you got it
Noi abbiamo usato il microonde Ora dobbiamo solo mangiare noci e bacche.

You got it, you got it

Questo è stato un negozio

a basso costo.

Ora è stato trasformato in un campo di grano.

You got it, you got it
Non lasciarmi incagliato qui ...








Non riesco ad abituarmi a questo stile di vita. "









Vestirsi abitualmente di palme, pappagalli, ananas, pesci variopinti e atolli caraibici è considerato  un atto liberatorio ma sintomo di superficialità scanzonata ed infantile. Qualcosa da cui stare alla larga perchè sembra sfuggire al controllo, all'identificazione incasellante. Ma solo nei posti dove la tristezza viene scambiata per serietà e profondità di vedute.









I paradossi dell'esistenza. Quotidianamente camuffati da divise che abituano all'idea che la serietà debba avere la pesantezza del piombo ed il sapore di una medicina amara, da tirar giù senza zolletta di zucchero.
Possiamo essere contenti con niente. Perchè anche il niente è qualcosa. 









L'uniforme della classificazione sociale esige il riconoscimento. La definizione. Tollera l'anagramma.
Preferisce sia mantenuto il posto. Premia la perenne preoccupazione. Quella che fa le buche ma non i castelli in aria.








Un tuffo dove l'acqua è più blu dopo tratti di vita simulata e poco scelta è un volo perfetto. Lì c'è senz'altro più aria . C'è davvero più spazio. C'è una sensazione che ha voglia di farsi grande e chiamarsi certezza. La convinzione che questa storia del diventare adulti sia l'ennesimo inganno. L'investitura che non serve ad essere migliori.









Che la felicità, per definizione, sia effimera ed inafferrabile. Non è affatto una condizione frustrante.
C'è bisogno di Blues, della voce di Nina Simone, di una fotografia in bianco e nero con un angolo spuntato.




 

























Necessità di essere imperfetti. Della bellezza struggente di ciò che manca e c'è allo stesso tempo.
Come una possibilità.







Di madri che amano i fiori, padri che ascoltano e sanno piangere e figli che devono ancora nascere. Ed avere un gusto preferito di gelato. O amare più il salato del dolce. Qualcuno che ti sorride per strada e non rivedrai mai più.






 Siamo tutti in volo verso l'Isola che non c'è. Chi l'ha detto che è lontana ?





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