domenica 28 aprile 2013

The Words.








Un omaggio alla Carta e alla sue figlie : le Parole.
Un tributo al colore autentico della fibra naturale, della lana, del cotone appena raccolto.
Prima che una tinta lo incontri, lo impregni della sua anima dinamica e lo costringa a correre.
La Carta è un sottoabito dei primi del novecento in cotone naturale, qualche cardigan di lana scozzese e un tubino di seta anni '60. Poi sarà proclamata un'occupazione. A cui le parole prenderanno parte. Parole che ho rubato, preso in ostaggio da riviste, giornali, parole scritte da altri per altri ancora. Per dar luogo ad un Collage estemporaneo, dove il senso e la logica sono stati ospiti graditi, ma giunti per pura casualità. Ma parlare di caso non è opportuno. Io non ci credo al caso.
Parole che dopo che hai letto diventano tue. E puoi dimenticare o ricordarti.






Carta come Diario, Quaderno, Taccuino, Libro, Calendario, Cartolina, Poster.
Carta delle Locandina del cinema, del biglietto della Mostra, della prima teatrale, di un Concerto.
Carta da parati, da disegno, carta gialla per il fritto, carta igienica.
Fazzoletto. Francobollo. Denaro. Biglietto della lotteria. Buono per fare la spesa.
L'abito di Pinocchio.







Sulla Carta le Parole si inseguono. Dichiarazioni, filastrocche, pensieri liberi o stereotipati.
Confidenze segrete. La Memoria del passato. Oracoli sul futuro. 
Una lettera. Il messaggio dentro alla bottiglia affidato alle onde del mare.








Questo bisogno di essere. Altrove. Al di fuori di sè stessi. Attraverso una relazione, un'amicizia, un giardino da aspettare in primavera. Qualcuno che un giorno ti rileggerà nelle parole scritte dietro una foto. Che poi alla fine restano dentro l'immagine .








Carta come dizionario. Un'universo di fonemi, parole, significati. Sfumature.
Così tante e così poche le parole. Così fragili. In balia di un contesto che cambia sempre di continuo.
Piccole barche con vele spiegate che prendono la direzione del vento delle nostre intenzioni più intime.
Un vento che cambia. Tanto dolce e tiepido quanto furioso, folle.






Carta da regalo, carta da pacchi, carta carbone che imita, che copia, che replica.
I cartoni di un trasloco, i cartoni che divantano la casa di qualcuno, ai margini di un vicolo, di una città uguale a tante altre.
La carta delle coccarde, dei festoni della prima festa di compleanno. Coriandoli.
Carta pesta, carta di giornale, carta riciclata, carta liscia o ruvida del blocco di un disegnatore.
Un origami.








Carta straccia o carta di giornale, spesso purtroppo non c'è più differenza fra le due.
Romanzo popolare, di formazione, noir, narrativa, saggistica, poesia.
Libri di poesia che vengono conservati o dimenticati per poi essere cercati nuovamente e ritrovati nelle bancarelle dei mercati dell'usato.








Carte da gioco, la promessa mancata di un futuro diverso.
Il solitario. Ingannare il tempo sfidando sè stessi. La Sorte. Cercando uno spiraglio qualsiasi. L'ebbrezza di poter conquistare un vantaggio. Sul tempo, sul dove e sul quando.









Che cos'è la Carta ?
Perchè resiste così tanto nell'uso quotidiano mentre la tecnologia e il progresso ci propone sempre nuovi strumenti di comunicazione ?
Leggo e trascrivo...
"... La carta è un prodotto conosciuto da millenni: sembra infatti che in Egitto, intorno al 3000-3500 a.C., esistesse già il papiro, considerato come la pietra miliare per l'evoluzione storica dei supporti per la scrittura.
Esso era molto simile alla nostra carta e veniva fabbricato utilizzando una pianta acquatica, il cyperus papyrus, allora molto diffusa lungo il Nilo, in Palestina ed in Sicilia. La parte superiore dello stelo di questa pianta veniva tagliata in strisce longitudinali di basso spessore, larghe pochi centimetri e lunghe oltre un metro. Tali strisce venivano poi disposte, l'una accanto all'altra, sopra un piano orizzontale, in modo da formare uno strato continuo e il più possibile omogeneo.






Su questo primo strato se ne collocava un altro, con l'accortezza di disporre le strisce in modo trasversale rispetto alle prime. Il reticolo, così formato, veniva poi bagnato con acqua e pressato affinché le sostanze collanti contenute nelle fibre della pianta facessero aderire i due strati sovrapposti; successivamente veniva fatto asciugare all'aria. 
 ncollando i margini di più fogli di papiro, tagliati tutti nelle stesse dimensioni e posti consecutivamente, si otteneva una striscia continua, che nell'uso veniva arrotolata costituendo il «volumen» o rotolo, l'antesignano del nostro libro.







Un altro ottimo materiale su cui scrivere, molto apprezzato per la sua resistenza al tempo, fu la pergamena. Tale materiale, ottenuto da una accurata lavorazione delle pelli di animali di piccola e media mole, costituì il prodotto più largamente usato in tutto il mondo civile fino alla comparsa della carta vera e propria.


Le origini della fabbricazione della carta passano per la Cina. La leggenda e le ipotesi la fanno risalire alla fabbricazione dei feltri, in cui i mongoli erano maestri. Un ministro cinese, Ts'ai Lun, intorno al 105 d.C. (data ovviamente approssimativa) sostituì, nella fabbricazione dei feltri, le fibre animali con quelle vegetali, dando così luogo a quel prodotto che oggi chiamiamo carta.









Per la verità la leggenda di Ts'ai Lun è un po' più colorita, e, data la sua brevità, vale la pena di raccontarla. Ts'ai Lun si recava ogni giorno presso uno stagno adibito a lavatoio: lì, meditava ed osservava le donne lavare i panni.
Un giorno si accorse che le fibrille, precedentemente staccatesi dai panni logori, a causa dello strofinio e della sbattitura esercitati dalle lavandaie, si accumulavano e si riunivano a mo' di tessuto. Ts'ai Lun raccolse con delicatezza il sottile velo di fibrille feltratesi in un'ansa dello stagno stesso e lo pose ad essiccare. Nacque così un foglio di una certa consistenza, di colore biancastro ed idoneo per sopportare la scrittura.
Il primo materiale adottato da Ts'ai Lun, una volta messo a punto il procedimento di fabbricazione, fu la corteccia del gelso da carta (Brussonetia papyrifera).









La parte fibrosa della corteccia veniva messa a macerare in acqua, risciacquata e successivamente battuta in mortai di pietra fino ad ottenere una pasta uniforme di fibre cellulosiche. Questa massa di fibre opportunamente diluita con acqua veniva versata sopra la così detta «forma», costituita da una specie di graticcio ottenuto per accostamento di sottilissimi bastoncini di bambù. L'acqua passava attraverso le fenditure del graticcio e le fibre, feltratesi tra loro, restavano in superficie formando un foglio di opportuno spessore che, staccato e levato a mano dalla forma, veniva messo ad essiccare all'aria.











I cinesi, oltre ad essere stati i primi produttori di carta, sono stati anche suoi grandi utilizzatori.
L'impiego della carta come supporto per la scrittura è sicuramente da ricollegare con il tasso di diffusione della cultura; questa nei periodi più antichi, era senza dubbio privilegio di pochi e quindi la domanda di carta per scrivere è stata inizialmente piuttosto ridotta. La carta infatti ancor prima di essere usata come supporto per la scrittura, è stata impiegata, in Cina, come oggetto di vestiario. Le prime citazioni relative a questo uso risalgono al primo secolo a.C. e sempre più frequenti poi divengono negli anni successivi.
Nel periodo 400-900 d.C. i preti taoisti indossavano cappelli di carta come pure gli scolari ed i poeti. 









Al sesto secolo risalirebbe l'uso della carta igienica; già allora si usava, come materia prima, un prodotto particolare, fatto con fibre di paglia di riso, più facile da preparare, meno costosa e più morbida. La carta veniva anche usata per costruire aquiloni, lanterne e ventagli; questi ultimi erano prodotti in carta fin dal 300 quando gli imperatori della dinastia Chin vietarono, per questioni economiche, l'uso della seta per la loro preparazione.
L'uso della carta moneta risale probabilmente al nono secolo; si ritiene infatti che in quel periodo, essendo aumentate le transazioni, si sia resa necessaria una moneta più leggera in sostituzione della moneta metallica troppo pesante e poco trasportabile."







E voi ? E tu...che cosa cerchi nella carta ?
Ti capita mai la voglia di annusare un libro ? Per sentire dov'è che sono andati a stare dei pensieri che sono nati dalla smania di qualcuno?








Carta  come Mappa del Tesoro. Io sono qui.
Ma sono anche ovunque andrò. Da dove sono venuta. Passato, presente e futuro che coincidono.
Che si conoscono. E si perdono uno nell'altro.
Ma poi tornare al Presente. Perchè è lì che puoi creare.








Words, un vecchio pezzo dei Bee Gees recita......
" Parla con parole senza fine
e dedicale solo a me
e ti darò tutta la mia vita
sono qui se vuoi chiamarmi
tu pensi ch’io non intenda veramente
ogni singola parola che dico
sono solo parole
e le parole sono tutto ciò che ho
per portare via il tuo cuore”.









Ogni parola ha un suo peso specifico. Non esiste nel loro regno il giudizio. Nel momento in cui cadono dalla mente che le ha scelte per titolare certi stati e certi movimenti sono pure. Cadono leggere come piume e nella caduta ignorano di poter avere un destino da sasso, altre da pietra, da lava incandescente, altre ancora saranno profumo di certe rose antiche.










Sulla carta certe parole, si fisseranno come prova, ricordo, testimonianza di un passaggio.
Avranno il sapore di una libertà agognata, cercata, avuta dentro, sempre come aspirazione massima.
Quindi vissuta davvero.
Mario Monicelli nel 2010 così concludeva la sua intervista  ....
( riguardo alla situazione italiana degli ultimi anni ) -Domanda: non sento speranza nelle sue parole
Monicelli: la speranza di cui parlate è una trappola, una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni. La speranza è quella di quelli che ti dicono che Dio…state buoni, state zitti, pregate che avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell’aldilà. Intanto, perciò, adesso, state buoni: ci sarà un aldilà. Così dice questo: state buoni, tornate a casa. Sì siete dei precari, ma tanto fra 2 o 3 mesi vi riassumiamo ancora, vi daremo il posto. State buoni, andate a casa e…stanno tutti buoni. Mai avere speranza ! la speranza è una trappola, una cosa infame inventata da chi comanda.









 Domanda: e come finisce questo film Maestro? 
Monicelli: come finisce non lo so. Io spero che finisca in una specie di…quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una rivoluzione che non c’è mai stata in Italia. C’è stata in Inghilterra, c’è stata in Francia, c’è stata in Russia, c’è stata in Germania, dappertutto, meno che in Italia. Quindi ci vuole qualche cosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto. Sono 300 ani che è schiavo di tutti e, quindi, se vuole riscattarsi…il riscatto non è una cosa semplice: è doloroso, esige anche dei sacrifici, sennò vadano in malora, come già stano andando da tre generazioni.











 È in ogni uomo di attendersi che forse la parola, una parola, possa trasformare la sostanza di una cosa. Ed è nello scrittore di crederlo con assiduità e fermezza. È ormai nel nostro mestiere, nel nostro compito. È fede in una magia: che un aggettivo possa giungere dove non giunse, cercando la verità, la ragione; o che un avverbio possa recuperare il segreto che si è sottratto ad ogni indagine. Ma è l'ottimismo che se ne va sempre per ultimo, e che dunque serve, sovente, di più lungo aiuto. (E. Vittorini, Diario in pubblico)










 Le parole, il linguaggio, lo stile sono figlie del tema di cui si tratta e se lo scrittore si è comportato bene, è stato sincero, onesto, allegro, torvo, ha amato, ha odiato, se insomma è stato un uomo, esse verranno, arriveranno. La letteratura è inoltre ordine e giustizia.
(M. Tobino)









 Non scrivo mai alla svelta, cioè di getto. Sono uno scrittore lento, uno scrittore cauto. Sono anche uno scrittore incontentabile. Non assomiglio davvero a quelli che si compiacciono sempre del loro prodotto, manco urinassero ambrosia. In più ho molte manie. Tengo alla metrica, al ritmo della frase, alla cadenza della pagina, al suono delle parole. E guai alle assonanze, alle rime, alle ripetizioni non volute. La forma mi preme quanto la sostanza.
(O. Fallaci, La rabbia e l'orgoglio)


 Scrivere è una malattia, come la perla.
 (R. Musil)









Voglio che la scrittura mostri come sono complicate le cose e sorprendenti. Voglio emozionare i lettori, ma senza trucchi. Voglio che pensino sì, quella è vita. Perché è la reazione che ho io di fronte alla scrittura che ammiro di più. Una sorta di meraviglioso sbalordimento.
[...] Non riuscivo a introdurre dei personaggi in una stanza senza descrivere tutti i mobili. Lei mi dice che Hemingway insegnava a non descrivere mai i personaggi. So tutto di quella regola. Ma tiro dritto.
(A. Munro)









Scrivo come posso, quando posso, dove posso. Scrivo in fretta e furia, come ho sempre vissuto.
(L.F. Celine)













Questo è un diario e dunque abbandonati, svela qualsiasi nascondiglio della tua anima. Di che hai paura? Non temesti la morte, sfidasti qualcuno. Quel che ti è rimasto, in te ancora sepolto, aprilo alla luce, stendilo nella scrittura. Questo è essere uomo.
(M. Tobino, Gli ultimi giorni di Magliano)











Nel settembre 1951, Sylvia Plath scrisse nel suo diario:
 “Scrivere è necessario per la sopravvivenza del mio arrogante equilibrio mentale, come lo è il pane per il mio corpo”.










Il silenzio. Mai inteso come vuoto, perchè invece si tratta di pieno.
 Qualcosa che non è mancante di niente.
Mentre scrivo...il silenzio è un Giardino che profuma di tutto quello che esiste.





































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